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La testimonianza è resa pubblica da un’infettivologa che è riuscita a coronare il suo sogno, non senza discriminazioni, dettate dal suo essere donna.
Figlia di genitori che hanno lavorato sodo per poter allevare i numerosi figli, decide di intraprendere la carriera universitaria per diventare medico. Per mantenersi agli studi lavora il fine settimana e poi, conseguita la laurea, prosegue a lavorare per poter frequentare la scuola di specializzazione. È mossa da due motivazioni forti dentro di lei: raggiungere l’indipendenza economica e un bisogno di poter diventare madre con tanti figli, come il modello materno, ed essere padre, come il suo, in grado di mantenere la prole senza dipendere da un uomo.
Le difficoltà non si sono concluse con la laurea e la specializzazione. Accetta contratti a progetto. Si prodiga in concorsi per ottenere il contratto a tempo indeterminato. Si innamora e convive. Vince il concorso, a 500 km da casa, accetta e si sente chiedere se avrà intenzione di avere dei figli. Rimane incinta. Lavora nel reparto di malattie infettive ed attende il 4 mese di gravidanza prima di fruire della maternità. Il rientro dopo il parto è caratterizzato da turni massacranti per cui chiede il trasferimento vicino alla casa materna. I nuovi colleghi sottolineano che il dover accudire un bambino crea problemi, in caso di assenza, a tutto il reparto. Vero è che il personale non viene sostituito in caso di malattia. Lei non desiste. Pianifica una secondo gravidanza che, come la prima, richiede la Fivet (fecondazione assistita), non senza fare i conti con i sensi di colpa, come se essere donna e madre siano incompatibili con la professione di medico. Essere donna non è come essere uomo, la parità dei sessi deve considerare la disparità delle necessità.
a cura di Paola Lanfranco
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http://www.ingenere.it/articoli/essere-un-medico-ed-essere-madre?fbclid=IwAR1yEvjez9cACYYq0KpMpdGZRQmWEsK-OjnmCLczcUUN916_l_LA_EaHXKw
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