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Dei 776 bambini italiani sotto i 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, lei è tra i 25 superstiti.
Innumerevoli sono le sue testimonianze di quel periodo carico di orrore e crudeltà. Le sue parole sono scelte, ponderate, cariche di umanità. Il suo racconto lascia annichilito l’attento ed empatico uditore. Liliana Segre ci mette in guardia contro il razzismo insito nell’animo dei poveri di spirito, citando le sue parole. Ci ammonisce rispetto alla tendenza a dimenticare, porgendo l’attenzione altrove.
Nel suo famoso discorso al Parlamento europeo ha usato queste parole:
“Facevo parte di quel gruppo di più di 50 mila prigionieri ancora in vita che eravamo stati obbligati in quelle condizioni fisiche, senza parlare di quello che erano quelle psichiche a cominciare quella marcia che durò mesi e di cui si parla pochissimo: la marcia della morte. Non potevamo appoggiarci al compagno vicino che si trascinava sulla neve coi piedi piagati come noi e che veniva finito dalle guardie della scorta se fosse caduto…
Noi non volevamo morire, noi eravamo pazzamente attaccate alla vita qualunque fosse. Eravamo giovani, ma sembravamo vecchie, senza sesso, senza età, senza seno, senza mestruazioni, senza mutande… Non si dove aver paura di queste parole, perché è così che si toglie la dignità a una donna”.
Conclude il discorso con un suo ricordo che dona come auspicio per il futuro, affinché le atrocità contro l’umanità non si ripetano. “C’è una bambina di cui non ricordo il nome che ha disegnato una farfalla gialla che vola sopra i fili spinati. Che la farfalla gialla voli sempre sopra i fili spinati. Questo è un semplicissimo messaggio da nonna che io vorrei lasciare ai mei futuri nipoti ideali che siano in grado di fare la scelta e con la loro responsabilità e la loro coscienza, essere sempre quella farfalla gialla che vola sopra i fili spinati”.
Per non dimenticare… grazie Liliana!
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